Il dipinto che raffigura l’ingresso trionfale di Papa Leone X a Firenze è un episodio realmente avvenuto nel 1515. Il Papa è rappresentato a destra del quadro, sotto un baldacchino rosso, che lo sta trasportando in Piazza della Signoria sommersa dalla folla, mentre trombettieri e pifferai suonano dalle finestre di Palazzo Vecchio e i bombardieri sparano a salve le artiglierie davanti alla chiesa di San Pier Scheraggio. Le due figure poste sulla destra rappresentano l’Arno, nella figura di colore dorato, mentre sta abbracciando un leone con ai piedi una cornucopia che indica la prosperità del fiume e la sua ricchezza e l’Appennino, nella figura di argento, con in mano un’anfora da cui esce acqua, chiara allegoria che l’Arno nasce proprio da lì.
Il dipinto risulta essere un importante documento storico in quanto racconta fedelmente, come fosse una fotografia, Piazza della Signoria del 1515. Nonostante infatti venga realizzato negli anni Sessanta, Vasari, rappresenta gli edifici realmente esistenti al tempo di Leone X, come la Chiesa di San Piescheraggio, e non vengono ovviamente dipinti gli Uffizi e la fontana del Nettuno dell’Ammannati perché non ancora realizzati. Altra curiosità che troviamo nell’opera sono le due sculture, quella del David di Michelangelo posta sopra l’arengario e Giuditta ed Oloferne, collocata invece sotto la Loggia dei Lanzi.
Numerosi sono i personaggi che vengono nel dipinto e Vasari li descrive egregiamente ed in maniera precisa ed analitica:
G. Ecco ch’io seguo; e incomincia, Signor mio, qui appunto la storia, dove sono questi mazzieri, a dove io fo che ciascuno sia ritratto di naturale.
P. Questo giovane ricciuto con quella maglia intorno al collo, che cavalca quel cavallo bianco, ed ha dinanzi quella valigia con l’arme del papa, chi è?
G. Quello è Serapica, tanto caro per la sua servitù a Leone X […] quel più vecchio è M. Sano Buglioni, canonico fiorentino; e quello in proffilo, grassotto, che ha quella berretta da prete, nera, che non si vede altro che lo scudo del viso, è il datario, che fu M. Baldassarre da Pescia, che è messo in mezzo dall’altro mazziere, il quale è il ritratto di Caradosso, orefice tanto eccellente. […] Quello è M. Francesco da Castiglione, canonico fiorentino, il quale ha accanto a sé, e sopra, tutti i segretari del papa; quel primo accanto a lui è il dottissimo ed amico delle muse M. Pietro Bembo, ed allato a esso è il raro poeta M. Lodovico Ariosto, il quale ragiona col satirico Pietro Aretino, flagello de’ principi; sopra fra tutt’a dua quel che ha quella zazzera, raso la barba, con quel nasone aquilino, è Bernardo Accolti Unico, Aretino, che parla col Vida Cremonese, e col Sanga, e con Olosio; vicino gli è il dottissimo Sadoleto da Modana, il quale parla con quel vecchiotto raso ed in zazzera di capelli canuti, che è Iacopo Sanazzaro, Napolitano.
P. Oh bella ed onorata schiera d’uomini! […] Ma ditemi, chi è quello che è in questa fila, vestito di broccato riccio d’oro sotto e sopra, con quella vesta chermesi allucciolata d’oro? Mi pare alla cera il duca Lorenzo de’ Medici; è egli esso?
G. Signore, egli è desso, e parla col Cappello ambasciadore de’ Veneziani a Sua Santità, che è in zucca con quella barba bianca; accanto gli è il tremendo signor Giovanni de’ Medici vostro avolo, il quale cavalca quel caval giannetto, e parla con l’ambasciadore di Spagna, e mette in mezzo l’ambasciadore di Francia, che è quel vecchio raso in proffilo, scuro, con quella berretta di velluto nero piena di punte d’oro. […] maestro Gabbriello Anconitano, frate di Santo Agostino, e confessoro del papa; seguitano sopra questi li reverendissimi cardinali in pontificale […] primieramente il più vecchio è Lorenzo Pucci, cioè Santiquattro; a lato gli è Giulio cardinale de’ Medici suo cugino; poi vi è Innocenzio Cibo, suo nipote, e Bibbiena sopra loro; nell’altra fila, que’ dua che parlano insieme a man dritta, quel più vecchio è Domenico Grimani, l’altro è Marco Cornaro; gli altri due a man manca, quello che stende la mano che parla è Alfonso Petrucci, e quello che l’ascolta è Bandinello Sauli; i due più lontani, che si veggon mezzi, uno è Antonio de’ Monti, l’altro è il San Severino; que’ quattro in fila, che seguono poi, l’uno è Matteo Sedunense, l’altro Alessandro Farnese, il cardinale d’Aragona, e il cardinale di Flisco; degli altri quattro ultimi il primo è Giovanni Piccolomini, il secondo il cardinale di Santa Croce; segue poi Raffael Riario, vice cancelliere, vescovo d’Ostia insieme, i quali sono in tutto numero diciotto, che tanti vennono a farli compagnia ed onorarlo a Firenze, che tutti sono ritratti di naturale dalle immagini loro
Nonostante Vasari sostenga di aver fornito dei veri e propri ritratti tratti dal naturale, nella sua descrizione dettagliata cita due personaggi, tali Sanga e Olosio, che in realtà nel dipinto non compaiono.
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